La storia di Deada
Mi chiamo Deada, ma qui in Italia in tanti mi chiamano Ada e vivo a Firenze. Sono nata in Albania, un paese che si trova di fronte alla Puglia, dall’altro lato del mare, molto vicino all’Italia. La città dove ho vissuto per tanti anni, prima di venire in Italia, si chiama Durazzo. Durazzo è la terza città dell’Albania ed è una località molto famosa per il turismo e per il mare. In Italia è conosciuta perché l’8 agosto del 1991 dalla mia città partì la nave Vlora che era diretta a Bari, in Italia, e che aveva a bordo quasi 20.000 persone che scappavano dall’Albania alla ricerca di una vita migliore. L’Albania ai quei tempi era infatti il paese più povero d’Europa, non si trovava lavoro e c’era una forte crisi sociale e politica. Era estate, molti italiani erano in vacanza, ma tutti coloro che erano rimasti in città si recarono al porto di Bari per portare vestiti, cibo e medicine e aiutare i tanti cittadini del mio Paese che avevano viaggiato tutti ammassati uno sull’altro per più di 10 ore. Era la prima volta che succedeva una cosa di questo tipo in Italia ed è ancora oggi ricordato come un evento unico e molto importante quando si parla di migrazione. Anche io sono venuta in Italia per avere una vita migliore, ma per fortuna ho potuto farlo in una maniera diversa. Sono infatti arrivata in Italia in aereo per motivi di studio. Io già da piccola capivo l’italiano e avevo imparato tante parole perché in Albania si vedono tutti i canali della televisione italiana, dai cartoni animati alle serie tv. Ecco perché quando ho deciso di iscrivermi all’Università ho pensato subito all’Italia. Sono andata a studiare Economia e Commercio a Pisa e quando sono arrivata ho scoperto che erano tantissimi gli studenti albanesi come me. Questa cosa era bella perché mi sentivo a casa, ma anche un po’ strana perché non me lo aspettavo. Inoltre volevo fare amicizia con i ragazzi italiani e scoprire di più di questo nuovo paese, ma all’inizio non riuscivo a conoscere nessuno e stavo solo con i miei connazionali. I primi momenti in Italia sono stati quindi difficili. Anche se sapevo un po’ l’italiano facevo tanta fatica a capire tutto quello che i professori dicevano durante le lezioni e a studiare per gli esami. Il sistema scolastico italiano è infatti molto diverso da quello albanese. Ho dovuto fare tanti corsi di lingua e studiare tantissimo. Spesso mi sentivo in difficoltà e cercavo sempre di guardare le persone in faccia per capire se stavo dicendo una cosa giusta o sbagliata.
Ero convinta della mia scelta di venire qui, ma a volte mi sentivo sola. Il mio paese non era lontano, ma non potevo tornare spesso a trovare i miei familiari perché il biglietto aereo costava e io non sempre avevo i soldi per poterlo comprare. Però alla fine ho resistito e sono riuscita a finire l’Università e poi ho iniziato a cercare un lavoro. Sono un’albanese di religione musulmana e ho deciso di portare il velo. Molte mie amiche che hanno fatto questa stessa mia scelta hanno avuto dei problemi per questa decisione perché la gente a volte ha dei pregiudizi nei confronti delle donne con il velo. Pensano che siano delle donne che non sono capaci di farsi rispettare, che sono sempre controllate dal padre o dal marito e vengono isolate. Fanno molta fatica a trovare un lavoro e anche quando lo trovano si tratta sempre di lavori più umili e faticosi, con pochi contatti con le altre persone. Io sono sempre stata convinta della mia scelta e ho sempre portato il velo senza nessun problema. Questo mi ha permesso di non soffermarmi sugli sguardi delle persone che incontravo per strada e di non rimanerci male di fronte a dei commenti poco gentili. Sono anche riuscita a trovare un bel lavoro in un bed & breakfast. Per andare a lavorare facevo ogni giorno una strada in mezzo al verde a piedi. Incontravo ogni giorno una signora che faceva anche lei quel percorso. Un giorno iniziamo a chiacchierare e cominciamo così a conoscerci meglio. Dopo qualche tempo mi propone di iniziare a lavorare con lei per aiutare le tante persone straniere che sono in Italia, ma che hanno avuto meno fortuna di me. Io all’inizio sono un po’ perplessa, ma poi decido di accettare. Sono molto contenta di questa scelta perché posso mettere la mia esperienza personale a disposizione di tante persone che vengono da paesi lontani, che parlano ligie straniere che hanno altre culture ma che adesso vivono tutte in Italia. Io ora sento di avere due case: una in Italia e una in Albania. Sono felice di andare a Durazzo a trovare la mia famiglia, ma sono contenta di tornare nella mia casa di Firenze. Proprio perché mi sento a casa in Italia ho fatto domanda per diventare ufficialmente cittadina italiana. Si tratta di un percorso molto lungo, devi aspettare tanti anni, raccogliere moltissimi documenti e avere molta pazienza! Spero di avere presto una risposta positiva dopo quasi 17 anni di vita in Italia.
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