La storia di Ramy
Mi chiamo Ramy Seif e sono nato in Egitto. Sono arrivato in Italia nel 2018 e attualmente lavoro come insegnante di sostegno in una scuola internazionale di lingua inglese a Roma. La lingua inglese è stato un elemento molto importante della mia vita. Quando ero piccolo e andavo a scuola non amavo quella materia e prendevo sempre dei voti bassi. La mia insegnante mi diceva che dovevo impegnarmi di più perché solo così avrei migliorato la mia conoscenza. Per me è diventata una sfida e quindi mi sono messo a studiare molto bene la lingua. Non solo sono diventato bravo, ma una volta diventato grande ho deciso che volevo diventare un insegnante di inglese. Mi sono quindi laureato in Lingua e Letteratura inglese all’università del Cairo e poi ho trovato lavoro come maestro di inglese in Egitto. Mi piaceva molto il mio lavoro anche se nelle scuole in Egitto le classi sono composte da tanti alunni, circa 60, e quindi è molto difficile seguire bene tutti i ragazzi. La vita in Egitto cominciava pian piano a diventare sempre più difficile. Chi aveva il potere politico lo esercitava in modo sempre più duro ed autoritario, c’erano continue lotte tra fazioni diverse che volevano prendere in mano il governo e anche molti scontri tra membri della comunità islamica e della comunità cristiana. Le persone giovani come me non avevano molte speranze di vivere in pace e di avere un lavoro sicuro e io cominciavo a pensare che forse sarei dovuto andarmene in un altro posto più sicuro per avere più chance. Un giorno mi capita l’opportunità di partecipare ad un programma di scambio e volontariato in Romania. Mi offrivano la possibilità di insegnare inglese a dei bambini rumeni e di conoscere meglio il paese. Sono stato molto contento di accettare ed è stata un’esperienza molto interessante. Sono stato circa un mese a Bucarest, una città che mi è piaciuta molto. Mi ero abituato a vivere in un posto sicuro e tranquillo e fare il mio lavoro senza continui controlli da parte del Governo. L’aereo che mi avrebbe riportato a casa dalla Romania faceva uno scalo a Roma.
Ero così preoccupato di tornare in Egitto che mi sono lasciato convincere dai miei amici e dalla mia famiglia che mi dicevano di provare a rimanere in Europa, come tanti altri membri della mia comunità. Così sono arrivato a Roma e non sono più andato via. Questi anni non sono stati facili. Vivo in un centro di accoglienza con altre 100 persone. Non ho molti amici. Spesso si pensa che le persone straniere facciano tutte amicizia tra di loro, ma non è sempre così. Io mi sento molto solo perché i miei compagni del centro hanno idee molto diverse dalle mie e non capiscono bene l’italiano e la cultura italiana. Anche gli italiani non sono sempre gentili con me, anzi a volte fanno finta di non capire quello che dico e vanno via come se gli stessi dando fastidio. Io sto ancora aspettando di sapere se, per la legge potrò rimanere in Italia. Sono passati più di tre anni, ma nessuno ancora sa dirmi nulla. Capisco che ci siano tantissime richieste da analizzare ma per una persona è molto difficile vivere senza documenti. Non posso mai lasciare l’Italia o andare in un altro paese e naturalmente non posso tornare a casa a trovare la mia famiglia perché rischio di perdere ogni diritto in Italia. Un grande problema dell’Italia è proprio la lentezza dei documenti e delle procedure. C’è però una cosa molto bella che mi piace dell’Italia: il mio lavoro. Da un anno lavoro infatti come insegnante di sostegno in una scuola internazionale. Anche se devo fare 2,5 ore di autobus all’andata e al ritorno sono molto felice di questo lavoro. Questo perché la scuola è come un posto perfetto dove tante persone da varie parti del mondo lavorano insieme con rispetto e attenzione. Inoltre tutti parlano piano e si fanno capire. Nella scuola mi sento realizzato sia sul piano personale che sul piano di lavoro. E’ difficile essere una persona straniera in Italia, ci sono tante forme di discriminazione e si pensa sempre che gli stranieri siano un problema e non un’opportunità. Quello però che io voglio insegnare ai miei studenti è che noi siamo tutti uguali e che la libertà individuale è importante, ma sempre nel rispetto reciproco e delle regole.
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